The Freeridespirit Snowboard Expedition to Pik Lenin 7134 m - Kirghizistan | ||||||||
Contrariamente a
quanto ci saremmo aspettati, niente oro in bocca, questa mattina. La
giornata pessima. Siamo al campo Tre, a 5350 metri, e non sappiamo se
le condizioni meteo ci permetteranno di tornare alla base. Ah,
dimenticavo, oggi il mio compleanno. Certo che, come regalo per questo
miei trentun anni, mi aspettavo qualcosa di meglio. Che so, una cena di
pesce o una bella festa in discoteca. Scherzo. A esser sincera, trovarmi
quass il regalo pi bello che abbia mai ricevuto. Buon compleanno
Elena! Approfittando di una
schiarita riusciamo a incamminarci in direzione del campo Due ove ci
attende Emilio. Il maltempo continua per altri due giorni poi, finalmente,
torna il sole. Eâ ormai il 31 Luglio, la giornata bellissima ma la
neve fresca davvero troppa. Dovremo attendere un altro giorno prima che
la montagna torni sicura. Lâoscurit che precede lâalba del primo
giorno di Agosto ha qualcosa di surreale, un richiamo verso la cima, un
energia che guida verso lâobiettivo. Partiamo motivati, non potendo
diversamente, a raggiungere in una sola giornata lâultimo campo, a quota
6100. Passando al campo 2 per una sosta e i necessari rifornimenti Emilio
preferisce fermarsi. Io e Luca, invece, continuiamo a salire, sotto gli
sguardi increduli di un gruppo di italiani. Si chiedono se davvero saremo
in grado di affrontare la dura fatica, raggiungendo il campo Tre
nonostante la neve alta e lâassenza di tracce. Ci guardiamo negli occhi.
Stiamo esagerando? Non serve rispondere, andiamo! Eâ davvero dura.
Specie la salita dellâultimo tratto. I pensieri vanno agli amici rimasti
al campo: avevano ragione loro? Aspettare un altro giorno non sarebbe
stata una brutta idea. Luca, mi cammina davanti, sembra tranquillo. Il suo
passo lento e continuo fa davvero invidia. Mi fermo spesso a riprendere
fiato, approfittando delle pause fotografiche per risucchiare le poche
energie che ancora mi restano. Finalmente il campo. La fatica, a questo
punto, si fa davvero sentire. Specie dopo unâora trascorsa a liberare la
tenda sommersa dalla neve. Ci concediamo un breve riposo. Siamo sfiniti;
una stanchezza strana, insolita, che scava nel profondo e risucchia
energie. A ora di cena, metto a sciogliere neve e preparo una busta di
carbonara. Siamo talmente stufi di cibi liofilizzati che non riusciamo
nemmeno a distinguerne i sapori; barrette, riso, carne, pasta· tutto
talmente artificiale da sembrare identico. In questi momenti,
veramente importante stimolarsi a mangiare, reagire alla fatica, muoversi,
ridere, pensare al domani· E il domani arriva. Il nostro giorno. La
nostra ultima possibilit di tentare lâascesa finale. Partiamo
allâalba, lâaria frizzante non invoglia a uscire ma la giornata
splendida. Pochi oggetti indispensabili sono quanto mettiamo nello zaino,
preparato calcolando ogni grammo. Il passo, subito lento, mi ricorda che
siamo sopra i 6000 metri. Luca, davanti, segna la strada, impone il ritmo;
un incedere lento e costante, a passi leggeri. Mi chiedo quali possano
essere i suoi pensieri, come si sente, se anche lui prova la mia stessa
fatica. Saliamo, poco a poco, senza parlare, guadagnando metri preziosi e
immaginando il dopo. Sono stanca, Vorrei tener duro ma la mente, lucida,
conferma il venir meno dellâenergia. Sono in riserva. Non ci credo, non
voglio crederci. Ma lo spazio tra me e Luca si fa ad ogni passo pi
lungo. Lo vedo allontanarsi, percependo nettissima la mancanza di forze.
Una sorta di vuoto che disorienta. Si ferma, mi aspetta, mi incita a
continuare. Ci provo, ci provo sul serio· ma a un dato punto mente e
corpo sembrano prendere strade diverse. Da un lato la voglia di
continuare, dallâaltro lâincapacit fisica a farlo. Ci consultiamo.
Capisce che non ce la faccio come io percepisco la sua voglia di arrivare.
Con le lacrime agli occhi, incredula che il mio corpo possa abbandonarmi
in un momento come questo, gli chiedo di proseguire. E lo guardo
allontanarsi. Sembra sicuro, come lo sono io, che questa la sua
giornata, il momento giusto per dare senso alla sua fatica. Voltarsi
davvero difficile; lâattimo in cui prendo atto della sconfitta, il
momento in cui capisco che lâavventura finita. Non ci saranno altre
possibilit. Scendo verso il campo Tre, con gli sci ai piedi, cercando di
dosare le ultime energie. Una curva·, unâaltra·, unâaltra ancora.
Finalmente la tenda! Il mio pensiero ancora l, nel punto in cui ho
gettato la spugna, ma lo sguardo segue curioso lâascesa del mio compagno
che lentamente scompare alla vista. Non rimane che
aspettare; unâattesa piena di speranza, la certezza assoluta della sua
conquista. Alle 6 del pomeriggio,
il sole ancora alto, il cielo dâuna limpidezza che ha del surreale, vedo
sbucare un puntino sullâultimo risalto di cresta. E lui! Assieme a tutti
i presenti seguo la sua discesa. Gli vado incontro. E finalmente lo
riabbraccio. é proprio in quellâistante esatto che lâidea della
sconfitta svanisce. Insieme alle lacrime, liberatorie, che suggellano la
condivisione di un momento unico; una conquista che ora sento anche mia.
Negli ultimi metri che separano dalla tenda ci accompagna un silenzio
diverso. Nel suo sguardo, segnato dalla fatica, un sorriso di gioia.
Stringo gelosa la pietra che ha raccolto per me sulla cima, sicurissima
che sar testimone, per sempre, di un momento assolutamente speciale. |
Ultimo aggiornamento
24.02.2002 ore 22.40
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Skiing The Pik Lenin. Sullo sfondo la Nord. [Foto Luca Dalla Palma] |
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Elena parte per il suo tentativo alla cima [Foto Luca Dalla Palma] |
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Compagni di Merende |