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The Magic Line

Certe notti, in queste notti, non riesco a dormire.

Rimango per ore immobile nella mia tendina, anestetizzato dal caldo leggero del mio sacco a pelo con lo sguardo fisso a perforare il buio. L'aria è gelida, ogni tanto nelle tende vicine sento qualcuno tossire con violenza. Penso a Marco. Penso a dove sarà ora. Da voi, in Europa, la notizia del suo incidente ha iniziato a circolare da poco. Ma io sapevo tutto il giorno stesso in cui le cose sono accadute. Chi mi ha raccontato la storia per la prima volta, lo ha fatto con poche parole, semplici, senza dettagli. Mi ha preso in disparte e mi ha detto "Marco est perdù", ed ho capito subito. Ho comunicato la notizia a qualche amico in Italia ed alla mia famiglia, giusto perché nessuno facesse confusione, pregando di non parlarne. La mia mente ha iniziato ad immaginare cosa fosse successo, ed ora che so nei particolari come sono andate le cose, so di non avere immaginato cose diverse dalla realtà. Provo paura se penso agli ultimi minuti della vita di Marco. Disagio, voglia di fermare il tempo e ricominciare da capo. Provo una sensazione di vertigine che scuote in modo imprevedibile la mia anima, proprio ora che sono qui e vorrei fare snowboard su questa montagna mostruosamente grande. Proprio ora che continuo ad immaginare linee di discesa magiche. Proprio qui, sulla montagna di fronte alla sua, mentre esattamente come lui, sognavo di poter fare snowboard su una linea da leggenda. The Magic Line. Linee che valgono una vita, mi verrebbe da dire. E invece no, niente vale di più della vita di un uomo. E purtroppo, cazzo, purtroppo non si potrà tornare indietro e accorgersi dell'errore. Non incontrerò più Marco. Non mi racconterà più dei suoi sogni ad occhi aperti, troppo vicini alla realtà per non essere così dannatamente pericolosi. Non sognerò più che la fantasia può diventare azione quando uno è così magicamente certo delle proprie capacità. Non sarò più ispirato dalla sua inattaccabile certezza di riuscire. Tout est finì.

Nel buio della mia tenda, con gli occhi sbarrati, vedo gli ultimi minuti della sua vita. La gioia per essere, per la seconda volta, al secondo tentativo, in vetta al mondo. A soli 24 anni. Poi immagino le prime curve verso l'imbocco del Couloir Hornbein. I problemi sono cominciati li, me lo ha detto uno sherpa che lo seguiva con un grosso tele. Marco ha sbagliato l'imbocco del canale, troppo a destra probabilmente. Ha cercato di rimediare con una calata in doppia. Poi ancora qualche curva forse. Poi un salto di dimensioni spropositate, niente di ragionevole a quella quota. Più probabilmente una caduta verso il nulla. Lo hanno visto ancora, per un ultimo interminabile istante di volo. Poi più niente. Forse Marco è atterrato da qualche parte, magari era ancora vivo. Ma in mezzo a quella dannata parete, niente e nessuno ti può aiutare. Tu solo.
Nella notte continuo ad immaginarmelo li fermo in mezzo al canale, appoggiato alla parete che sognava. Lo immagino immobile, per sempre. C'è qualcosa nel suo modo di giacere che mi inquieta, il mio incubo.
Qualcosa mi richiama: l'autorità della morte. E' la sua immobilità che mi agita, che tortura il mio sonno. Marco non c'è più. Non si muove più. Non vivrà più. Immagino che qualche moschettone o qualche vite da ghiaccio tintinni senza fine nel silenzio della parete più mostruosa che la mia mente può immaginare. Forse solo questo suono rimane tangibilmente vivo. Continuo ed ininterrotto suono, metallo contro metallo. Di Marco, oltre a questo incubo tremendo, mi rimane la forza. L'esempio di un uomo capace di andare così avanti, autorevolmente oltre la fantasia. La sua realtà era più grande dei miei sogni. Grazie Marco. Non mi dimenticherò. Io so che tu non eri a caccia di nessun record. Quella era la tua vita.

Cho Oyu 19 settembre 2002

Marco Siffredi è scomparso domenica 8 settembre nel tentativo di scendere per la seconda volta dalla Parete Nord dell'Everest, lungo il Couloir Hornbein. Viveva a Chamonix, aveva solo 24 anni.


The Magic Line
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